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Nell’odierno vangelo domenicale, Gesù parlando del Battista dice, tra l’altro: “In verità vi dico che tra i nati da donna non vi è nessuno più grande di Lui, anche se il più piccolo nel regno dei cieli, è più grande di Lui.” Detto da chi, in modo coerente è immune da ogni colpa, ed è quindi l’unico in grado di poter giudicare gli altri, con questa frase ci fa capire il senso della pochezza della nostra essenza umana. Il giudicare gli altri ad ogni costo in modo inappellabile e senza scienza e coscienza, sta generando nell’animo umano un senso di sfiducia e di smarrimento totale per l’assenza di quei punti di riferimento solidi di una società soggettiva ed oggettiva. San Giovanni gridava nel deserto chiedendo a tutti di pentirsi e di predicare il vangelo e considerando la realtà contemporanea, le sue grida oggi ancora si odono, visto la desertificazione totale dei principi e dei valori che oggi stiamo vivendo. Per questo motivo  lo si può definire un precursore dei tempi moderni. Egli quale essere umano dubitando che fosse Gesù il Messia che tutti aspettavano, nel mentre era in carcere, mandò a chiederglielo. Ciò è quello che facciamo tutti noi durante l’ora della prova, dal momento che come lui, spesso riteniamo che Gesù sia l’antidoto immediato a tutti i nostri mali e le nostre sofferenze. La fede autentica, quale salvezza della nostra anima ed unica consolazione su questa terra, la si può acquisire solo attraverso un percorso interiore lento e graduale, fatto di ascolto continuo della parola di Dio e non una tantum. Nessuno di noi nel mondo, compresi quelli che predicano giornalmente ed in modo assoluto il vangelo potrà mai affermare di non dubitare in certi momenti, come il Battista, di Gesù poiché a differenza di quest’ultimo, la soglia di sopportazione del dolore per il peso di un’ingiusta croce inflittaci, è limitato e pertanto quando lo si raggiunge, in quel momento, non riusciamo a pensare ad altro che alla cessazione di questa sofferenza. Forse però è proprio in quel momento che la nostra fede sta maturando inducendoci a sperare e a credere che prima o poi “addà passà “ a nuttata.”