Ucciso come un boss e tale lo era, lo era diventato scalando le gerarchie criminali, nell’hinterland alle porte di Napoli. Un ruolo che aveva cercato con determinazione, con la forza, con la ferocia che, spesso, come narra la storia malavitosa napoletana, miete vittime. Alessio Bossis (nella foto) è caduto in un agguato ieri sera ordito nei suoi confronti nel parcheggio di un centro commerciale di Volla, nel Napoletano. I killer hanno stroncato carriera a vita ad appena 22 anni. Per capirne lo spessore, nonostante la giovane età, occorre evidenziare che ancora minorenne, inquirenti ed investigatori lo avevano preso sotto stretta osservazione. L’Antimafia infatti aveva sul suo conto un’informativa di decine di pagine. In poco tempo, era riuscito a catalizzare l’attenzione di altri ragazzini, suoi coetanei. Un piccolo gruppo di baby criminali, da lui capeggiati, già adulti, che fin dal primo momento avevano mostrato di essere pronti a tutto. L’intento di Alessio Bossis e dei suoi affiliati era prendere il posto, “ispirarsi” al potente clan di una volta: i De Luca Bossa. Controllare il mercato della droga e il racket, il suo obiettivo. La cronaca racconta di quando, appena ventenne, si era reso protagonista di una stesa a Napoli, nella centralissima piazza Trieste e Trento, nel marzo 2019. Episodio per il quale fu arrestato e condannato in primo grado a 7 anni di carcere. Nel mirino c’erano alcuni appartenenti al clan Mariano, dei Quartieri Spagnoli. Quella sera, partì da Volla, in sella ad uno scooter e armatosi di una pistola sparò contro le vetrine di alcuni negozi, non curante delle persone in strada. Ieri, l’epilogo di una tragica e triste vicenda, di una storia come tante altre, di un giovane che aveva deciso ancora minorenne di andare incontro alla morte.
