Un talento tra miti
Tra ammirazione e differenze. Un talento tra miti, storia, letteratura e romanzo. Mi capita sovente, date le mie innumerevoli attività e passioni, sportive, culturali, impegno civico, incontrare persone “speciali”. Persone che hanno la libertà di pensiero, di giudizio, di sentimento, di immaginazione di cui essi hanno bisogno per poter sviluppare i propri talenti e per rimanere per quanto possibile al controllo della propria vita.
In un mondo in continua trasformazione, in cui l’innovazione sociale ed economica sembra essere una delle principali forze motrici, si deve dare senza dubbio un posto speciale alle doti dell’immaginazione e della creatività, le manifestazioni più chiare della libertà umana, che possono subire il rischio di una certa standardizzazione del comportamento individuale.
Il Ventunesimo secolo ha bisogno di questa varietà di talenti e di personalità. Riconoscere, valutare e valorizzare i talenti e dar loro la possibilità di trasformarsi in eccellenza risulta essere, quindi, una missione educativa in grado di connettere il mondo dell’istruzione e quello del lavoro, al fine di massimizzare i tesori nascosti delle persone a favore della realizzazione del singolo e del miglioramento della società. Le potenzialità personali possono svilupparsi ed esprimersi in condizioni particolari ove gli stimoli adeguati e l’ambiente giusto siano il fondamento affinché questa crescita possa verificarsi. Sono amico di un giovane dalle spiccate qualità, Nicola Cennamo, che mi piace ascoltare e condividere con lui lunghi viaggi. Nicola possiede, innata in sè, l’arte del narrare.
Un talento tra miti
L’arte del narrare è antica quanto l’uomo. Con lo sviluppo del linguaggio l’uomo ha potuto elaborare e perfezionare le sue narrazioni, trasportandosi così dal dominio della rappresentazione mimetica, caratteristica dei nostri antichi antenati, a quello, più complesso e forbito, rappresentato dai processi del racconto e della recitazione. E’ attraverso le strutture narrative che gli individui riescono a costruire i propri mondi, le proprie realtà. Tutti i grandi eroi e i protagonisti del mito antico viaggiano. Spesso non per loro volontà, ma per ordine di un dio o di qualcuno che li ha sfidati od obbligati a compiere una prova, viaggiano da una parte all’altra del mondo fino a raggiungere paesi fantastici alle estremità della Terra. Il viaggio rappresenta, per gli eroi come per gli uomini, un passaggio non soltanto da un luogo all’altro, ma da una fase a un’altra della vita.
Viaggiare è metafora del crescere e del conoscere. Nel viaggio l’uomo incontra altre realtà rispetto a quella a lui familiare, a volte veri e propri mondi alla rovescia, che lo fanno riflettere e lo mettono a confronto con i veri valori dell’esistenza.
E così in una serata di gelido freddo che anticipa i “giorni della merla” nella sala della Unitre di Pomigliano Nicola ci mantiene con il fiato sospeso…….
Siamo un gruppo di uomini, dopo una battuta di caccia, seduto intorno al fuoco. Uno degli uomini di solito il più anziano, ma in questo caso il più giovane, inizia a raccontare di molti anni prima, quando, in un’altra caccia, altri uomini avevano rincorso per giorni una fiera spaventosa ed enorme, fino a raggiungerla e riuscire finalmente ad abbatterla. I compagni, in silenzio, ascoltano il racconto, che narreranno ai loro figli, magari esagerando alcuni particolari e dando un nome a quella terribile fiera o a quegli eroici cacciatori. È nato un mito.
Dal piacere del racconto, dalla tendenza di ogni uomo a narrare storie, proprie e reali, ma anche inventate, nasce uno dei più significativi fenomeni culturali che i popoli antichi ci hanno lasciato: la mitologia. La cultura, custode e creatrice di istituzioni culturali, come la letteratura, l’autobiografia, il diritto, atte a consentire il conferimento dei significati al nostro complesso mondo umano.
Un talento tra miti
Siamo, perciò, grati a Nicola per aver ricordato che è la vita ad imitare l’arte e il racconto a dar forma e senso alle nostre esperienze.
Quando mi stacco dal mondo scritto per ritrovare
il mio posto nell’altro, in quello che usiamo
chiamare il mondo, fatto di tre dimensioni, cinque
sensi, popolato da miliardi di nostri simili, questo
equivale per me ogni volta a ripetere il trauma
della nascita, a dar forma di realtà intelligibile ad
un insieme di sensazioni confuse, a scegliere una
strategia per affrontare l’inaspettato senza essere
distrutto.
(Italo Calvino, Mondo scritto e Mondo non
scritto)





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scrittore, storico, giornalista, rugbysta, inked, lettore, idealista, uomo libero e di buoni costumi,