Caso redditometro, tensioni al governo
Lo scorso 7 maggio il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha firmato un decreto ministeriale con cui si introducono nuove regole per il cosiddetto “redditometro”, un vecchio strumento che usava l’Agenzia delle Entrate per comparare le spese di un contribuente con il suo reddito dichiarato, e individuare somme evase nel caso i due valori non fossero coerenti (peraltro visto che i controlli sono sulle spese, il termine più corretto sarebbe “spesometro” e non redditometro).
È uno strumento che una parte della destra ha sempre contestato e che in generale non è mai stato particolarmente popolare, perché ritenuto lesivo della privacy dei cittadini e delle cittadine.
Il decreto è stato pubblicato lunedì in Gazzetta Ufficiale ma era atteso da anni, perché il redditometro era stato introdotto per la prima volta nel 2013 e poi sospeso nel 2018 con il “decreto Dignità” del primo governo guidato da Giuseppe Conte, di cui la Lega faceva parte. Venne sospeso perché si attendeva un decreto ministeriale che spiegasse criteri più precisi per effettuare i controlli sulle spese, e nel frattempo più volte la Corte dei Conti aveva osservato come l’Agenzia avesse poteri limitati senza questo strumento, che infatti aveva avuto risultati assai limitati.
Con il nuovo decreto il governo ha quindi introdotto nuove regole, facendo tornare operativo il redditometro e creando qualche problema politico ai partiti della maggioranza, presi dalla campagna elettorale per le elezioni europee di giugno: Lega e Forza Italia hanno già fatto capire che il decreto è arrivato un po’ a sorpresa, e di essere contrari.
Tensioni al governo per le nuove regole del redditometro
Anche se il decreto era atteso da tempo, all’interno del governo le nuove regole hanno creato una certa agitazione in vista del voto europeo dell’8 e del 9 giugno prossimi, e già dal pomeriggio di lunedì l’argomento era su tutti i siti di news.
Forza Italia ha subito fatto sapere alla stampa di essere «sempre stata contro il redditometro». Anche la Lega ne ha preso le distanze e il suo capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, avrebbe detto di trovare la proposta «un po’ strana» visto che «noi del centrodestra siamo stati sempre stati critici su questi strumenti». La Lega ha poi aggiunto che «l’inquisizione è finita da tempo» e «controllare la spesa degli italiani, in modalità grande fratello, non è sicuramente il metodo migliore per combattere l’evasione».
Alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, di cui il viceministro Maurizio Leo fa parte, hanno difeso la decisione, anche se ammettono di non averla comunicata al meglio. Anche per questo motivo nel Consiglio dei ministri di venerdì è previsto un intervento dello stesso Leo, che dovrà spiegare la misura e i limiti che questa impone ai controlli dell’Agenzia.