Gli oratori della Repubblica italiana: Togliatti
La politica italiana ha sempre avuto tra i suoi politici grandi oratori e leader carismatici, indipendentemente dal partito e dell’ideologia di riferimento. Nel capitolo precedente, per esempio, abbiamo posto l’accento sulla figura di Alcide De Gasperi, padre della costituzione e segretario della Democrazia Cristiana. Oggi passiamo all’altro blocco che ha dominato la cosiddetta Prima Repubblica, quello comunista. Questa ideologia merita un capitolo a parte non solo perché, nel bene e nel male, è riuscita a influenzare diverse generazioni ma soprattutto per la caratura dei suoi grandi leader. Tra questi spicca il nome di Palmiro Togliatti, successore di Antonio Gramsci alla guida del Partito Comunista Italiano e figura centrale nella storia della nostra nazione. Politico dotato di grande abilità e intelligenza, doti messe in evidenza nel suo rapporto di “convivenza” (per citare Montanelli ndr) con Stalin. Togliatti, infatti, riuscì ad adattare le direttive sovietiche al contesto politico italiano garantendo così al PCI la sua legittimità all’interno del Comintern . Anche per questo motivo era chiamato il “Migliore” sia dai suoi stessi compagni di partito che da avversari politici e detrattori, però questi in modo ironico ovviamente.
Per quanto riguarda la sua oratoria, invece, Palmiro Togliatti era un ottimo comunicatore e sapeva usare la parola come strumento di lotta politica e di costruzione del consenso. Il suo stile era manzoniano in quanto puntava su un’esposizione chiara e razionale e i suoi discorsi erano strutturati in modo logico. In questo modo, Togliatti, riusciva a rendere il suo messaggio comprensibile a tutti, dai militanti agli intellettuali. lo storico leader comunista, grazie alla sua abilità retorica, riuscì a guidare il PCI nella transizione dal periodo clandestino alla partecipazione attiva nella Repubblica Italiana post-fascista, prima, e da partito rivoluzionario a quello di massa negli anni successivi al conflitto Tra i suoi discorsi più famosi c’è quello pronunciato a Napoli, il 27 giugno 1944, passato alla storia per via della frase “Vogliamo la repubblica, ma non faremo la guerra alla monarchia”.
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