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Julio Velasco è un fenomeno assoluto. Di dice che nei giochi di squadra un allenatore conti più o meno per il 20% del risultato. In campo ci vanno i giocatori, il compito di un allenatore è sempre relativo. Si dice che un allenatore non potrà mai vincere una partita, un bravo allenatore al massimo non te la fa perdere. Ma Velasco rappresenta un’eccezione. Lo dimostra la sua storia. Nel 1985 passa alla Panini dove ha vinto immediatamente 4 titoli consecutivi. Ma la storia l’ha fatta con la nazionale. Dal 1989 con la nazionale maschile, che a differenza della Panini non aveva mai vinto nulla, dopo un anno porta l’Italia sul tetto del mondo. Nel 1996 ha perso la finale olimpica ad Atlanta per due punti. Adesso, in appena 4 mesi, ha portato la nazionale femminile all’oro olimpico. L’Italia donne sin qui alle Olimpiadi non si era mai qualificata neanche per una semifinale.

Ci deve essere qualcosa in lui di straordinario, al di là dei giocatori che allena. Riesce a motivare le sue squadre come nessun altro al mondo. Ma Velasco, uno di papà peruviano e madre argentina, è stato capace anche un altro miracolo. E’ riuscito nell’impresa di internazionalizzare la nazionale. Qualcuno potrà storcere il muso, ma delle 14 giocatrici dell’Italia solo 7 sono chiaramente di etnia italica. Le altre sette no. Basta guardarle in volto. In occasione della finale c’erano più ragazze di colore con la maglia dell’Italia che con quella degli Usa. Diciamo che questa trasformazione è allargata un po’ a tutti gli sport. Quest’anno più o meno il 10% degli atleti italiani erano di diversa etnia. E mentre nel calcio, vedi i casi di Camoranesi e Jorginho si tratta di calciatori figli di immigrati, nel volley di tratta sempre o quasi sempre di italiani di seconda generazione, ragazzi nati in Italia, ma figli di immigrati. Paula Egonu è nata a Cittadella, da genitori nigeriani. Myriam Sylla è nata a Palermo, Ekaterina Antropova è nata invece in Islanda, oggi è un anno esatto che ha avuto il passaporto italiano. Potremmo continuare. Sta di fatto che dietro il grande risultato italiano a queste Olimpiadi, e non parliamo adesso solo delle ragazze della pallavolo, c’è l’integrazione razziale. Cosa che non sta avvenendo solo in Italia, a dire il vero. Francia e Gran Bretagna da sempre hanno atleti di colore provenienti dalla loro colonie. Stessa cosa per Belgio e Olanda. Quest’anno in atletica abbiamo visto numerosi atleti di colore anche nella Germania, nazione per altro da sempre ricca di “turchi”. Magari qualche purista avrà qualcosa da ridire su tutto questo. Sta di fatto che l’integrazione nello sport procede anni luce davanti a quello che avviene in altri ambiti. E questo è un titolo di merito per chi fa sport.

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