Oltre trenta arresti in un carcere a Messina, le motivazioni
I carabinieri di Messina hanno eseguito numerose perquisizioni personali e locali all’interno della casa circondariale di Gazzi e in locali esterni nei confronti di 21 detenuti e nove agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere messinese.
Il decreto di perquisizione ha riguardato anche altre quattro persone, indagate a piede libero o agli arresti domiciliari.
L’attività investigativa, coordinata dalla Dda di Messina, ha coinvolto congiuntamente i carabinieri e la polizia penitenziaria.
L’inchiesta, con 34 indagati, spiega la Procura in una nota, “riguarda un gruppo di persone che si ritiene, allo stato, essersi associate fra di loro, al fine di compiere una pluralità di comportamenti volti all’introduzione, nella medesima struttura carceraria, di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti potendo contare sulla disponibilità di alcuni agenti della polizia penitenziaria.
Le investigazioni preliminari hanno consentito di ricostruire una fitta rete di comunicazioni telefoniche tra detenuti e l’ambiente esterno e una consistente attività di consumo e cessione di stupefacente tra i detenuti”.
La comunicazione della notizia è legata alla sua rilevanza pubblica e alla eco che ne potrebbe conseguire.
Così si può anche scongiurare il rischio di divulgazione di informazioni non corrette, di generalizzazioni o enfatizzazioni, in funzione del rispetto dei diritti degli indagati e di coloro che, quotidianamente, svolgono il loro lavoro con dedizione e professionalità
Il procedimento è, allo stato, nella fase delle indagini preliminari, nella quale i soggetti indagati sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità.
L’eventuale giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo e imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati“