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In Iran dopo la flessione nelle proteste registrata da metà dicembre c’è stata una leggera inversione di tendenza negli ultimi giorni. L’ American Enterprise Institute ha rilevato che i lavoratori del petrolchimico e gli insegnanti in pensione hanno manifestato per i ritardi nei pagamenti dei salari e le conseguenze dell’inflazione. Secondo l’agenzia statistica iraniana l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni di consumo ha toccato il 48,5% nel mese di dicembre con una media del 45% nei primi nove mesi del 2022.

Se le manifestazioni per l’economia e per la crisi energetica hanno visto uno slancio non si può dire lo stesso per quelle legate ai movimenti di protesta identificati con la morte Masha Amini. L’intensità non è quella solita. Pur continuando sono in una fase di stallo e a dire di molti di riorganizzazione.

I gruppi di protesta allora cercano di affinare le armi. Il Mashhad Group da suggerimenti, invita a fare tesoro dei successi e degli errori di questi ultimi mesi, chiede di continuare nella lotta di quartiere e di condurre almeno un’operazione ogni notte. L’Iranian Neighbourhood Youth Union (INYU) ricorda ai suoi seguaci di essere i protagonisti di questa rivoluzione e che insieme scriveranno il proprio destino e quello dell’Iran. Il gruppo è anche il più attivo a ricercare collegamenti ed appoggi esterni. Tra i suoi successi annovera la spinta per l’esclusione dell’Iran dalla Commissione sulla condizione delle donne dell’ONU e l’avvio da parte del Parlamento Europeo della procedura per inserisce l’IRGC nell’elenco dei terroristi.

Fondi per le forze di sicurezza

La linea del regime rimane sempre quella dell’intransigenza e della repressione. In tale direzione va il parlamento iraniano che ha stanziato ulteriori fondi per le forze di sicurezza dell’LFC (Law Enforcement Corp). Il Presidente Raisi vuole aumenti di fondi anche per le forze dell’IRGC, per L’Artesh e per i ministeri dell’Intelligence e della Sicurezza.

Reza Pahlavi mediatore

In molti si chiedono se il popolo iraniano sia pronto ed abbia la forza per un cambiamento di regime. Di questo ne è convinto Ciro Reza Pahlavi che si propone, e viene indicato da qualche gruppo di protesta, come possibile mediatore di una transizione democratica. Dagli USA, dove vive, in una intervista al TG5, ha detto che le proteste in Iran sono una vera e propria rivoluzione guidata dalle donne. Ha continuato affermando che il regime teocratico iraniano è totalitario, razzista e fascista e non c’è verso che i suoi leader possano diventare brave persone che rispettino i diritti civili. Un Iran democratico sarebbe elemento di stabilità per tutta la regione.  

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