• Tempo di Lettura:3Minuti

di Giuseppe Esposito

Le manifestazioni sono leggermente diminuite negli ultimi giorni e si sono concentrate soprattutto nel Sistan e Baluchistan del Sud Est iraniano. In quelle provincie opera il religioso sunnita Abdol Hamid che ha ancora criticato il regime sostenendo i manifestanti. Per dare forza alla protesta in corso i manifestanti chiedono, sui social, di scendere in piazza dal 15 al 17 novembre e commemorare le proteste del “Bloody November” (foto da Iranians Of America), conosciute anche come “Bloody Abam”. Quelle proteste scoppiarono in Iran il 15 novembre del 2019 a seguito dell’aumento dei prezzi del carburante. Si trasformarono quasi subito nel più grande movimento pro democrazia ed antigovernativo. La repressione fu violentissima.

A Teheran anche tra i governativi c’è chi vorrebbe delle aperture. Il religioso Hassan Khomeini consiglia di concedere qualche riforma. Chiede, in particolare, una “democrazia basata sulla maggioranza”. Questi è considerato il più importante dei nipoti del defunto Ayatollah Khomeini. Il presidente del parlamento iraniano Mohammad Bagher Ghalibaf, con suoi fedelissimi, si è scontrato con gli intransigenti per le loro posizioni dure e per aver alimentato con il loro atteggiamento i disordini tra i giovani. Ghalibaf chiede “che la sicurezza si stabilisca pienamente al più presto nel Paese, affinché possano iniziare i legittimi e necessari cambiamenti verso una nuova governance in campo economico, sociale e politico”. Questo presuppone che le proteste cessino ma molti, in Iran, credono che dopo la morte di Masha Amini sia impossibile tornare indietro. Le dichiarazioni del Presidente del Parlamento vengono anche viste come un tentativo, una volta rientrate le proteste, di spodestare il partito Paydari al potere e cambiare i membri del governo.

Intanto il potere centrale, noncurante, starebbe pensando di utilizzare anche l’Artesh (Esercito della Repubblica Islamica dell’Iran). Il Generale Kiomars Heydari ha definito i manifestanti “mosche” e se Khamenei ordina una repressione ancora più forte “non avranno posto nel Paese”.

Qualche dissenso viene registrato anche sugli accordi tra Iran e Russia circa la fornitura di droni ed il loro impiego in Ucraina. L’occasione è stata la vista del segretario del Consiglio di Sicurezza russo Nikolai Patrushev al suo omonimo iraniano Ali Shamkhani. Il direttore del quotidiano Republica Islamica, Masih Mohajeri, ha espresso le sue critiche sulla decisione del regime di fornire i droni a Mosca e di consentirgliene l’uso. Questa posizione sarebbe condivisa anche da alcuni funzionari del regime.

Appare chiaro che in Iran la crisi economica e le proteste di piazza aggravano le tensioni politiche tra gli ultraconservatori ed i moderato-riformisti. La maggioranza mostra delle crepe tra le sue componenti ma questo, forse per ora, non basterà a cambiare lo status quo. Il richiamo al “Body November” delle proteste è però indicativo del fatto che i manifestanti sperano di incunearsi in modo più incisivo tra le crepe della politica per vedere spiragli di democrazia.