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“Non è vero che abbiamo poco tempo, è che ne sprechiamo molto”. Seneca dixit.
Quanta è lunga una vita?
Un passo o un campo di papaveri.
Quanto è larga la vita?
La riva di un torrente o la distesa infinita di un oceano.
Nulla più delittuoso di buttar via il più prezioso dei Colossi.
Il Tempo.
Nulla di più ingenuo, ingeneroso e disgraziato che l’inganno di una esistenza fatua.
Fatti non foste per viver come bruti, Dante mette in bocca ad Ulisse.
Virtute e Canoscenza.
Tempo di vita vera.

Introduzione di Giovanni Chiaravalle.

Una filosofia così elaborata da sublimare nella semplicità, che oltre duemila anni di storia hanno reso ancora più preziosa e forse attuale.
Il saggio è colui il quale, distaccatosi dalle passioni e raggiunta la virtù, diviene imperturbabile e non teme neanche la morte. La strada per questa superiore autosufficienza interiore è difficile e piena di ostacoli: solo la pratica costante e illuminata della virtù la può indicare. La selezione di opere proposta in questo volume costituisce un autentico vademecum del pensiero immortale di Seneca, secondo il quale la vera saggezza sta nella pura contemplazione e la vera felicità nel non aver bisogno di felicità.
Quanto tempo perdiamo in occasioni inutili, dietro futili impegni senza costrutto? Eppure pesa su di noi l’idea che il tempo corra sempre veloce, che ci sfugga, che scivoli via troppo in fretta e che la vita, in una parola, sia troppo breve. Ma la vita non è breve: è lunga abbastanza, è persino abbondante, a patto che si sappia spenderla bene. Siamo noi che la abbreviamo, impiegando in attività pubbliche e private il tempo che dovremmo dedicare a noi stessi. In questo testo Seneca capovolge così l’approccio, mostrando che non è il tempo a nostra disposizione il problema ma il valore che noi decidiamo di accordargli. Vivere a lungo significa vivere bene il proprio tempo, e qualsiasi vita è sufficiente per realizzare anche le imprese più grandi. Basta volerlo non c’è retorica, né enfasi dell’auto-celebrazione come forma, malgrado l’imperante architettura del periodo ciceroniano. Quelle di Seneca sono parole vergate solo per colpire, nell’assoluto rispetto del lettore. E con questo nasce un tenzone fatto di stoccate secche, che riportano chi legge dentro di sé, lungo sentieri intuiti, mai percorsi così scientemente. Ogni pagina scava nella profondità dell’interpretazione, e nel proprio sé, punto d’origine immobile è il testo. Tanta suggestione è frutto di un genio filosofico assoluto, dal pensiero solido e senza sconti.

L’uomo di Seneca è viziato da limiti intrinsechi, non eludibili, troppo vasti da lenire interamente. Accettazione della dimensione mancata e mancante dell’uomo. Ma come vivere al meglio nostro malgrado? Una vita ritirata, lontana dalla vanità (intesa anche come vacuum) della città, senza per questo rinunciare all’impegno nella sfera sociale. Uomo che deve essere di aiuto agli uomini: “se è possibile, a molti, se non è possibile, a pochi, se no, a quelli che gli sono vicini, o, in un’ultima analisi, a se stesso”.

Tra le righe de L’arte di essere felici e vivere a lungo si legge persino il respiro di un’intera società, un mondo antico tanto complesso, nelle sua dinamiche umane, quanto quello contemporaneo. Riflessioni che incrinano il gusto saturo dell’ipertrofico positivismo ottocentesco del sentire comune. Pensiero che mette alla porta ogni sterile intellettualismo, quel parlarsi addosso toglie più di quello che dà. L’amore per le virtù e la contemplazione sono misurate sempre con gli altri, con la società, con l’azione concreta. Un classico che ci migliora e cambia.