• Tempo di Lettura:3Minuti

Per molto tempo l’America Latina fu considerata il “cortile di casa” degli Stati Uniti. In base alla “Dottrina Monroe”, enunciata dall’omonimo presidente nel lontano 1823, agli USA spettava un dominio assoluto sull’intero continente americano, e ciò valeva tanto per la parte settentrionale quanto per quella meridionale.

Tale dottrina autorizzava quindi anche interventi armati qualora Washington ritenesse che la sua supremazia venisse messa in discussione da potenze straniere. Il lungo elenco di interventi statunitensi nell’America del Sud e Centrale testimonia che essa ha avuto successo per un periodo assai lungo. L’unica eccezione fu Cuba con l’avvento al potere di Fidel Castro e, in modo più limitato, il Messico, sempre attento a mantenere certi margini di autonomia in politica estera.

Che l’ordine mondiale sia davvero cambiato è testimoniato dal fatto che la suddetta dottrina appare sempre più debole, con un gran numero di nazioni che spesso praticano politiche ben diverse – se non opposte – rispetto a quelle auspicate da Washington. La cartina di tornasole è fornita dall’invasione russa dell’Ucraina.

Biden forse si attendeva che i latino-americani aderissero alle sanzioni antirusse promosse dalla sua amministrazione, così contribuendo all’isolamento internazionale di Vladimir Putin. Invece è accaduto esattamente il contrario, il che ha sorpreso non soltanto la Casa Bianca, ma anche molti analisti internazionali.

Nessun Stato dell’America meridionale e centrale ha imposto sanzioni alla Federazione Russa, né si propone di farlo in futuro. E’, anche questo, un segno di quanto sia cambiato lo scenario internazionale negli ultimi anni.

Certamente alcune defezioni erano attese. A Cuba, dopo il “pensionamento” del 90enne Raul Castro, l’attuale presidente Miguel Diaz-Canel ha mantenuto rapporti stretti con la Russia, e ha solo parzialmente attenuato la tradizionale ostilità del movimento castrista verso gli USA. Altrettanto prevedibile l’atteggiamento contrario del Venezuela di Nicolas Maduro, che con Mosca intrattiene rapporti di collaborazione in molti campi. Stesso discorso per il Nicaragua di Daniel Ortega e per la Bolivia di Luis Arce, già ministro dell’ex presidente Evo Morales.

Si tratta, in ogni caso, di Paesi con governi, a vario titolo, di sinistra. Che dire però del Brasile di Jair Bolsonaro, ritenuto campione dell’ultradestra e molto amico di Donald Trump? I brasiliani non hanno votato le sanzioni in sede ONU e hanno già detto di non volerlo fare in futuro. Identica posizione hanno assunto l’Argentina di Alberto Fernandez e il Messico di Andres Manuel Lopez Obrador, entrambi contrari all’isolamento della Federazione Russa e favorevoli, invece, a più stretti rapporti di collaborazione con essa.

Non è dunque un caso che Mosca non abbia incluso alcun Paese latino-americano nella lista di quelli “ostili”. Indubbiamente si tratta di un cambiamento di scenario epocale dal momento che, in precedenza, quasi tutti questi Paesi erano molto attenti a non irritare Washington. Gli Usa stanno insomma perdendo la loro tradizionale presa sull’America meridionale e centrale. Ne approfittano i russi e anche i cinesi, sempre più presenti nell’ex cortile di casa degli Stati Uniti.

Seguiteci anche su www.persemprecalcio.it