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Con la gara contro il Lecce termina finalmente il campionato disastroso del Napoli. La tradizionale ironia che incarna splendidamente l’animo appassionato del tipo partenopeo ha voluto salutare i protagonisti di una stagione così sciagurata a suon di fischi e pernacchie. Ovviamente, il primo a finire nel mirino delle Curve è Aurelio De Laurentiis, letteralmente massacrato dai cori di scherno: “Chi non salta insieme a noi cos’è… un De Laurentiis, pezzo di m***a!”, il tormentone ripetuto allo sfinimento. Molti, inoltre, gli striscioni di aperto dissenso nei confronti della squadra.

Di questa stagione fallimentare l’unica a salvarsi è la maglia… vada altrove chi per lei non ha dato battaglia!”, srotolano gli ultras della A. In linea temporale ne segue immediatamente un altro nel settore opposto: “C’era un titolo da onorare ma avete giocato senza lottare… dal trionfo al tonfo. Vi siamo grati ma a stento sarete ricordati!”. Quindi, a pochi minuti dal fischio finale, l’ennesimo drappo irridente, che segna la rottura (forse…) irreversibile con questo gruppo. “Né calore, né folklore… al fischio finale sparite in poche ore!”. 

Certo che se è vero che una volta toccato il fondo, si può tentare di darsi la spinta propulsiva per cercare di risalire, questo epilogo non pone le basi per ricucire una situazione logora e devastata dal livore. Non sorprenda tuttavia la potenza dello sfogo. Era inevitabile che il rapporto si chiudesse in modo brutale. Il senso della contestazione rimane una emozionante testimonianza d’amore per la maglia. E rispecchia il sentimento stizzito e deluso della gente nei confronti di quei giocatori che hanno conquistato appena un anno fa uno storico scudetto, giunti al passo di addio con l’onta di una macchia professionale indelebile.

Dal canto loro, al novantesimo, tutti gli azzurri hanno abbandonato celermente il terreno di gioco, senza accennare minimamente ad avvicinarsi alle Curve per il tradizionale saluto, ciascuno immerso in riflessioni e sensazioni che solamente loro possono sapere.

ADL in mezzo al guado

Insomma, in un clima decisamente da smobilitazione, nessun pasillo per rendere onore chi sta salutando per sempre le coste di Parthenope. La stagione sfila via tra bilanci fallimentari, e la voglia di aprire già una finestra sul futuro. Nonostante agli occhi dei (molti…) detrattori ADL esca da quest’annata grottesca assai delegittimato, come uomo e presidente. Una mancanza di credibilità, che i suoi haters traducono in una sostanziale incapacità empatica o emotiva palesata nei confronti di chiunque interagisca con lui per più di mezzora: giocatori, allenatori e addetti ai lavori.

Per cui, interrogandosi su come si comporterà adesso Don Aurelio, i tifosi si sentono tutt’altro che rassicurati, considerandolo veramente poco voglioso di fare qualcosa di speciale. Non necessariamente poter vincere subito, o comunque rilanciare le ambizioni del Napoli in ottica alta classifica. Del resto, la piazza è rimasta annichilita dalla gestione post scudetto della proprietà: un clamoroso autogol da cui sarà complicato riprendersi in breve tempo. 

A preoccupare i napoletani, l’ipotesi che De Laurentiis pur intendendo davvero riaccendere il fuoco delle emozioni, sia però poco propenso a esporsi economicamente in modo massiccio. Altro che carisma presidenziale: oggi l’unico appeal in grado di stimolare Top Player o Top Coach è garantirgli livelli di investimento adeguati alle loro aspettative. Per convincerli, dunque, a firmare un contratto, il fascino di una città meravigliosa come Napoli viene dopo. Comandano sempre le risorse del club. Nonché la disponibilità superiore a quella della concorrenza, funzionale poi a soddisfare le richieste tecniche dell’allenatore. Uno scenario in cui il tetto salariale inviolabile diventa una diminutio, catapultando la società dentro un vortice dal quale è complicato uscire, piuttosto che una strategia vincente.

Napoli, e adesso?

In questo momento, quindi, checché ne dicano cortigiani & scendiletto presidenziali, orientati a far prevalere le loro bugie sulla realtà dei fatti, nelle stanze del potere alla Filmauro regna l’incertezza assoluta. La sopravvivenza di un’idea, o meglio, di un modello economico sostenibile, sembra portare all’eutanasia calcistica. Perché è una filosofia destinata a esaurire la sua spinta propulsiva all’interno di un “Sistema”, quello della Lega di Serie A, dove gli investimenti sono alla base dei profitti sportivi. E poco importa che generino, come ad esempio per l’Inter, una notevole sovraesposizione debitoria. Talune società avranno in ogni caso la forza attrattiva per sollecitare l’attenzione di colossi della finanza globale.

Non a caso, il fondo di investimento americano Oaktree ha tolto le castagne dal fuoco a Zhang senza battere ciglio, escutendo un prestito ottenuto a suo tempo con facilità disarmante, nonostante il Gruppo Suning fosse da almeno tre anni sull’orlo del default. Magari perché alle spalle c’era la longa manus del partito comunista cinese.    

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